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E CHE IL VIAGGIO ABBIA INIZIO: Salvatore Di Giacomo

condividendopoesia


a cura di Assunta Sperino





Quando mi è stato proposto questo blog, ho accettato d'impulso! Pensavo fosse facile; avrei finalmente parlato dei grandi autori partenopei. Mi ero messa in testa di essere il più possibile obiettiva, mettendo al primo posto la tecnica, la metrica, la terminologia... Eppure, nonostante questo sia pane per i miei denti, proprio non ci riesco! Non sono in

grado anche solo di pensare al nome di un autore, e ne ho in testa sin troppi, dall'esperienza intima e sconvolgente che ognuno di loro ha avuto nella mia vita. Allora, e non me ne si voglia, cambio itinerario perché cambio metà. Spero vogliate

accompagnarmi nel viaggio di una bambina attraverso le parole, i libri e gli autori che questa splendida terra le ha messo davanti.

Il primo di cui ho memoria è Salvatore Di Giacomo. Dovevo essere davvero piccola, avrò avuto tra i 6, 7 anni, quando mio fratello ha dovuto imparare a memoria per la scuola

"Pianefforte 'e notte'. Continuava a ripetere ancora e ancora e ancora i meravigliosi versi di questa poesia. Lo sentivo sbuffare, annoiarsi, arrabbiarsi perché proprio non gli entrava in testa, Io, invece, ne ero estasiata. Quando finalmente è andato a dormire ho preso il quaderno dalla sua cartella, mi sono infilata nel letto e l'ho letto per la prima volta, scoprendo però d'averla già imparata a forza di sentirla. Ho iniziato a ripeterla piano piano con gli occhi chiusi e ho visto sul soffitto della mia stanza una quantità indicibile di stelle, quasi mi pareva di sentirlo quel pianoforte e di vederla l'anima affacciata alla finestra. Deve essere stato allora che mi sono innamorata della poesia! Ero così piccola da non accorgermi di quanto quelle parole m' avessero aperto l'anima e di quanto nella vita mi sarebbe lo stato di sostegno. Ancora oggi se alzo gli occhi al cielo di sera la prima frase è: "Dio, quanta stelle ‘n cielo!"

Ve la propongo, perché possiate anche voi avere modo di chiudere gli occhi e spalancare l'anima.


Pianefforte ‘e notte

(Salvatore Di Giacomo)

Nu pianefforte ‘e notte

suona da lontano

e la musica si sente

sospirare per l’aria.

È l’una: dorme il vicolo

cullato dalla ninnananna

di un motivo antico

di tanto tempo fa.

Dio, quante stelle in cielo!

Che luna! E che aria dolce!

Quanto una bella voce

vorrei sentir cantare!

Ma solitario e lento

muore il motivo antico;

si fa più cupo il vicolo

nell’oscurità.

Soltanto l’anima mia

rimane alla finestra.

Attende ancora. E resta,

incantandosi, a pensare

Un pianoforte di notte

suona da lontano

e la musica si sente

sospirare per l’aria.

È l’una: dorme il vicolo

cullato dalla ninnananna

di un motivo antico

di tanto tempo fa.

Dio, quante stelle in cielo!

Che luna! E che aria dolce!

Quanto una bella voce

vorrei sentir cantare!

Ma solitario e lento

muore il motivo antico;

si fa più cupo il vicolo

nell’oscurità.

Soltanto l’anima mia

rimane alla finestra.

Attende ancora. E resta,

incantandosi, a pensare

sona luntanamente,

e ‘a museca se sente

pe ll’aria suspirà.

è ll’una: dorme ‘o vico

ncopp’ a nonna nonna

‘e nu mutivo antico

‘e tanto tiempo fa.

Dio, quanta stelle ‘n cielo!

Che luna! e c’aria doce!

Quanto na della voce

vurria sentì cantà!

Ma sulitario e lento

more ‘o mutivo antico;

se fa cchiù cupo ‘o vico

dint’a ll’oscurità..

Ll’anema mia surtanto

rummane a sta fenesta.

Aspetta ancora. E resta,

ncantannese, a pensà.


TRADUZIONE:

Un pianoforte di notte

suona da lontano

e la musica si sente

sospirare per l’aria.

È l’una: dorme il vicolo

cullato dalla ninnananna

di un motivo antico

di tanto tempo fa.

Dio, quante stelle in cielo!

Che luna! E che aria dolce!

Quanto una bella voce

vorrei sentir cantare!

Ma solitario e lento

muore il motivo antico;

si fa più cupo il vicolo

nell’oscurità.

Soltanto l’anima mia

rimane alla finestra.

Attende ancora. E resta,

incantandosi, a pensare




Presumo di essere stata fortunata ad averla imparata dalla voce di mio fratello, sicuramente mi sarebbe stato quasi impossibile leggerla da sola la prima volta.

Non sarei però professionale se non ci provassi, almeno, a fare il mio lavoro, il più obiettivamente possibile, quindi...


Salvatore Di giacomo (Napoli, 12 Marzo 1960 - Napoli 5 Aprile 1934)

Approdato al giornalismo dopo un imposto (e malriuscito) percorso da studente di medicina, Salvatore Di Giacomo si fece notare come autore di novelle pubblicate dal Corriere del Mattino, quotidiano napoletano attraverso il quale ebbe inizio la sua carriera letteraria e con il quale la collaborazione durò ben quattordici anni.

Quasi subito arrivarono i primi libri di poesie in lingua napoletana, preceduti di poco (nel 1881) dai versi delle prime canzoni, tra cui due dei suoi più grandi successi, Marechiaro ed Era de maggio, e nel giro di pochi anni tante altre canzoni che sono entrate nel novero dei classici della canzone napoletana. Alle sue attività di poeta e di autore di testi per canzoni affiancò anche quella di drammaturgo, con i due titoli più famosi, Assunta Spina e ‘O mese mariano, più volte portati sulle scene e riproposti poi con successo sia sugli schermi cinematografici che su quelli televisivi. Il resto della sua carriera lo passò come bibliotecario tra le biblioteche della sua città, alternandosi tra quella del Conservatorio di San Pietro a Maiella (dove aveva insegnato il nonno materno), la Biblioteca Universitaria e la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, di cui divenne, prima di morire nel 1934, bibliotecario capo.

Il dialetto usato, di una dolcezza e raffinatezza mai più uguagliate, non è forgiato per ritrarre veristicamente, ma più per raggiungere effetti di colore mescolati alla più aerea musicalità. Perché poesia dialettale non significa per forza poesia popolare, nel senso di incolta o rozza, specie a Napoli dove il vernacolo attraversa tutti gli strati sociali, e veniva usato persino a corte. È da considerare, non solo uno dei più grandi poeti di Napoli, ma un artista a tutto tondo, capace di raccontare il suo tempo attraverso versi raffinati ed eterni.

P. S.: E che il viaggio abbia inizio!


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