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LE VITE DEI POETI: ANTONIA POZZI



a cura di Imma Paradiso



Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – Milano, 3 dicembre 1938) usa come strumento di fuga la poesia che, per tutta la sua corta vita, rappresenta una fuga per le parole non dette e per i momenti non vissuti, i suoi versi sembrano quasi una sfida alla morte, che parla dei sentimenti intrappolati in una parabola fra la vita e la morte. La poesia della Pozzi è contornata da una contemplazione velata di malinconia, di luoghi dell’anima, fatti di tumulti e silenzi insopportabili. A chi dona se stessa, A. Pozzi? Quando compose la lirica, certamente a una persona cara; oggi, fuori ormai dalla situazione contingente, si dona al lettore, a noi che “leggiamo” do me stessa»: è ripetuto per tre volte, all’inizio delle prime tre strofe, come fosse un’urgenza il darsi, ma un’urgenza anche l’apertura al dono da parte del destinatario, che oggi siamo noi, a cui Antonia chiede di accogliere la sua «meraviglia di creatura», il suo «tremito di stelo/vivo nel cerchio degli orizzonti». E, in questa urgenza, si può anche avvertire che il dono non è solamente dono, ma è una consegna: di sé e di ciò che, penetrato attraverso il suo sguardo, ne ha nutrito lo spirito ed è diventato suo.



IL COMPONIMENTO POETICO:


"Bellezza"


Ti do me stessa, le mie notti insonni, i lunghi sorsi di cielo e stelle – bevuti sulle montagne, la brezza dei mari percorsi verso albe remote. Ti do me stessa, il sole vergine dei miei mattini su favolose rive tra superstiti colonne e ulivi e spighe. Ti do me stessa, i meriggi sul ciglio delle cascate, i tramonti ai piedi delle statue, sulle colline, fra tronchi di cipressi animati di nidi – E tu accogli la mia meraviglia di creatura, il mio tremito di stelo vivo nel cerchio degli orizzonti, piegato al vento limpido – della bellezza: e tu lascia ch’io guardi questi occhi che Dio ti ha dati, così densi di cielo – profondi come secoli di luce inabissati al di là delle vette –



COMMENTO CRITICO:


Sono una serie di immagini viste con occhi di meravigliato stupore dalla sensibile poetessa che traduce in versi e in essi riversa anche tutte le emozioni provate che poi dona con generosità. Chi scrive poesia fa questo, dona una parte di sé, pensata e sofferta.

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