di Chiara Rantini
È mattina, si alza la nebbia, va in scena la città degli Asburgo. Sul Graben è il teatro della morte oscura via che non sa della luce. Uomini o ombre la percorrono ebbri di vino e malinconici. Un passaggio alto di corvi nella Karlove Naměsti evoca l'arte del ritratto uno sconosciuto sulla porta di una locanda piange la sua solitudine. Praga si piega ad ogni sguardo, città androgina e lasciva. Non c'è equilibrio tutto crolla e risorge come lapidi al cimitero ebraico. Il destino di Praga è la sofferenza l'attesa di un mostro o di un eroe. E se la notte scende sulla periferia i palazzi del socialismo reale accendono i loro miopi occhi di burocrati. Arriva il vento dell'est i cappotti si chiudono come anime timide e solo il calore del vino muta il gelo in speranza. Ma il fuoco che brucia trascina gli avventori in valle pericolosamente li avvicina alla Moldava, misteriosa creatura dei poeti acqua che canta parole segrete ai re e alla storia formule alchemiche di vita e di morte. Praga, città di vita e di morte.
(dalla silloge: "Un paradiso per Icaro")
(Jacub Schikaneder, il pittore di Praga)
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